di Roberto Cavallo
Dei rifiuti che vengono prodotti nel mondo, solo il 15% viene effettivamente riciclato. Parliamo di circa 4 miliardi di tonnellate all’anno, ma quel che è peggio è che quasi un miliardo e mezzo non venga proprio raccolto, e venga disperso nell’ambiente nelle cosiddette discariche abusive. La legge punisce, ovviamente, questo tipo di comportamento illegale.
Poi però c’è un mondo di abbandono che rischia di essere molto impattante: il classico mozzicone di sigaretta, la lattina, la bottiglietta, l’involucro della merendina, il bicchierino del tè con la cannuccia e così via… è quello il fenomeno che si chiama in inglese littering, cioè abbandono di piccoli rifiuti. La gran parte di questi rifiuti ha una matrice plastica e a mano a mano si degradano con i fenomeni atmosferici meteorologici, come pioggia e neve, via via si accumulano nel mare.
Nel 1997 il capitano Moore per la prima volta individua quella che oggi noi conosciamo come la più grande isola di plastica nell’oceano Pacifico. In realtà le isole di plastica grosse negli oceani sono almeno cinque, e poi ci sono depositi di plastica più piccoli un po’ ovunque. La plastica che galleggia è il 6% di quella che finisce in mare. Quindi se c’è un’isola di plastica grande come la Francia, nei fondali c’è un continente più grande dell’Europa.
Questi studi si sviluppano a partire dal 1997 fino ai primi anni 2000, e in particolare nel 2014 ci sono i primi grandi studi sulle microplastiche e l’allora commissario europeo all’Ambiente Yanez Potocnik lancia la grande campagna europea “Let’s Clean up Europe”, forza puliamo l’Europa, e istituisce la giornata europea contro l’abbandono di rifiuti, lo “European Clean up day” che si celebra il 10 maggio.
Io da quell’anno ho lanciato l’idea di correre raccogliendo i rifiuti, e l’ho fatto con i colleghi della cooperativa Erica con questa manifestazione che si chiama “Keep Clean and Run”. Dal 2015 corro una settimana all’anno di seguito per circa 350 km, raccogliendo rifiuti. Nel 2016 uno svedese, Eric Ahlström, dà un nome a questa pratica, quella di correre e raccogliere rifiuti, la chiama plogging. Eric fa una crasi, creando un neologismo, fra il verbo svedese che è “Plocka upp” in inglese si direbbe “Pick up” cioè tira su, raccogli, e jogging, trekking, running… verbi inglesi che descrivono il movimento e la corsa.
La crasi Plocka upp e Jogging diventa plogging.
Da allora il fenomeno fortunatamente esplode, viene copiato un po’ in tutto il mondo, tanto che si stima che oggi ci sono oltre 20.000 gruppi nel mondo che fanno plogging, cioè escono da casa con un paio di guanti, un sacchetto, corrono, piegano le gambe e raccolgono un rifiuto, lo mettono nel sacchetto e lo mettono nel posto giusto.
Con i colleghi della cooperativa Erica in questi anni abbiamo attraversato l’Italia, non solo raccogliendo rifiuti, ma anche sensibilizzando persone, incontrando ragazzi, andando presso scuole, associazioni e istituzioni.
Keep Clean and Run è stata anche raccontata in un film di Mimmo Carlo Presti nel 2017, “Immondezza: la bellezza salverà il mondo” nel quale abbiamo corso dal Vesuvio all’Etna, per raccontare quanto si potrebbe fare per evitare che questi rifiuti finiscano in mare. Nel 2019 abbiamo corso lungo il Po, da dove nasce sul Monviso, fino a dove si tuffa nel Mar Adriatico, quindi nel Comune di Porto Tolle, nel Polesine.
Per la prima volta in Europa, anzi nel mondo, abbiamo campionato le microplastiche di un fiume, in questo caso il Po. Grazie all’European Research Institute e Franco Borgogno abbiamo campionato le microplastiche con delle mante, cioè di setacci, posti lungo la corrente del fiume filtrando queste acque e poi andando a vedere se all’interno c’erano delle microplastiche e purtroppo ne abbiamo trovate tantissime, tanto da stimare che ogni anno il Po riversi nell’Adriatico circa 4000 tonnellate di plastiche.
Immaginate poi che queste si sminuzzano, ed entrano nella catena alimentare di tutti gli animali. Le mangiano i pesci più piccoli, poi i pesci più grandi e infine noi, tanto che Slow food stima che il 30% dei pesci di grande taglia abbia tracce di plastica. Sono state fatte altre ricerche e la plastica è stata trovata nell’83% delle birre, nel 90% dei sali da cucina, nell’albume delle uova, e, addirittura, nella placenta umana dall’equipe del Fatebenefratelli di Roma, e recentissimamente nel sangue umano da un gruppo di ricerca olandese.
Negli anni abbiamo corso anche lungo la catena montuosa delle Alpi della Valle d’Aosta, e anche lì abbiamo campionato le nevi trovando microplastiche anche lì, perché ormai addirittura abbiamo uno smog plastico, cioè la plastica è così leggera che segue l’acqua e poi ci ricade addosso. Quindi addirittura nel ciclo dell’acqua. Più recentemente abbiamo voluto correre sui luoghi delle guerre perché, prendendo a prestito le parole di Don Pino de Masi che lavora con le cooperative nei terreni confiscati alle mafie in Calabria, “la corsa che voi fate è importante, non solo dal punto vista ecologico, ma anche sociale, perché un luogo pulito è in pace, un luogo sporco è in tensione, è in guerra e da noi sono le mafie che vogliono lo sporco, perché così controllano meglio i territori”. Nel 2020 siamo andati a correre sui luoghi della Prima guerra mondiale da Cortina d’Ampezzo a Trieste e anche da lì ne è nato un film “The Peace Runner”, un film sostenuto da un crowdfunding e da molte aziende, per la regia di Diego Zicchetti che ha vinto molti premi. Poi nel 2021 abbiamo corso lungo la linea gotica, dal Tirreno fino a Rimini, e sui luoghi drammatici della resistenza italiana e a cavallo della liberazione. Il nostro sforzo è tenere puliti i territori, perché il senso di appartenenza è migliore, perché siamo più in armonia e a nostro agio, perché un luogo pulito è in pace, e porta buone relazioni. Poi evitiamo che si disperdono nell’ambiente delle materie che entrano in catena alimentare, che ci possono creare molti problemi.
La plastica è diventata un po’ simbolo, ma pensate ai rifiuti che contengono sostanze inquinanti e a quelli radioattivi ed elettronici, e alle famose navi fantasma che spariscono e che contengono rifiuti. Quindi dobbiamo evitare che tutto ciò accada e lo possiamo fare con un gesto molto semplice, ecco come nasce il plogging… un gesto quotidiano che ognuno di noi può fare perché da un lato puliamo un pezzetto di territorio e dall’altro diamo un segnale che ognuno di noi nel quotidiano può fare qualcosa per cambiare ciò che ci sta intorno. Dà un esempio, così che ci che ci vede possa imitarlo, e poi questa attività fisica è piacevolmente coinvolgente, lo si fa col sorriso, perché l’attività fisica fa bene e porta con sé quel grande messaggio che anche un po’ il messaggio ispiratore del fondatore degli scout di Baden Powell ovvero: “Attraversare un territorio e con un piccolo gesto lasciarlo migliore di come lo abbiamo trovato”.
Scrivi un commento