Il mondo dei tessuti nella sua incredibile diversità, al fine di mostrare il campo delle possibili sinergie fra i sistemi produttivi alimentari e quelli tessili.
Essere “eco-friendly”, green, eco-sostenibile o amico della terra, oggi più che mai, è una condizione necessaria per il nostro avvenire e per garantire alle generazioni future tutte le condizioni e le risorse necessarie per la sopravvivenza.
L’industria manifatturiera sta, difatti, affrontando un cambiamento radicale, in quanto per evitare l’inquinamento derivato dall’utilizzo di sostanze tossiche per la realizzazione dei propri prodotti, sta prendendo sempre più in considerazione l’utilità di materiali riciclabili per le nuove produzioni. Questo tipo di approccio è stato adottato in maggior modo dalle industrie tessili e di abbigliamento, tanto che le ispirazioni creative della moda hanno iniziato ad indirizzare la valorizzazione degli sviluppi tecnologici della produzione dei tessuti e dei materiali sostitutivi verso nuove linee, forme e colori, ma anche verso un’accelerazione dell’innovazione.
La soluzione per questa rivoluzione eco-friendly si chiama bio-fabbricazione, la cui definizione ufficiale è, “la produzione di prodotti biologici viventi e non a partire da materie prime come cellule, molecole, matrici extracellulari e biomateriali”. In parole più semplici è lo sviluppo di prodotti realizzati esclusivamente con materiali organici e quindi biodegradabili al 100%.
“A prima vista moda e tecnologia sembrano dare l’idea di mondi completamente differenti. Uno fa riferimento alla sfera dell’oggettivo, del funzionale e del razionale; l’altro a quella del soggettivo, del personale e dell’elettivo, ma in quest’epoca di paradossi e incongruenze le pressioni competitive stanno spingendo ad una crescente convergenza di mondi separati”, ha affermato Robert Grant, economista e professore ordinario all’Università Bocconi di Milano.
Il connubio moda-tecnologia è diventato, così, elemento trainante di un sistema in continua evoluzione, che cerca di soddisfare le richieste di una clientela con chiare aspettative ed esigenze che possono essere appagate soltanto da un’offerta di prodotti sempre più competitivi ed innovativi. Per accrescere la propria competitività, difatti, l’industria tessile e deve, da un lato valorizzare le produzioni tradizionali mediante prodotti ad elevate caratteristiche prestazionali, dall’altro promuovere l’utilizzo di materiali tessili in quei settori industriali dove flessibilità, leggerezza, resistenza possono apportare significative applicazioni ad altissimo valore aggiunto.
L’attenzione alla natura e la sensibilità verso prodotti ecosostenibili si è fatta sentire fortemente in questo settore tanto da creare prospettive per nuovi tessuti, ricchi di proprietà ed allo stesso ecosostenibili, facilmente riciclabili o dismissibili. Se alcuni di essi però, hanno scarse prospettive di crescita, altri, al contrario, risultano competitivi. Molteplici scoperte, perciò, hanno portato alla realizzazione di tessuti davvero singolari, ricavati da alghe, arance, banane e tante altre materie.
Tanti i tessuti “green” sul mercato:
Una nuova fibra tessile naturale ricavata dalla cellulosa delle alghe marine, è “Seacell”, una fibra cellulosica nella quale sono inseriti in modo permanente estratti di alghe e ioni di argento, che garantiscono una naturale funzione antibatterica creando un senso di benessere. La cellulosa di alga marina viene disciolta ed incorporata in cellulose provenienti da altre piante e successivamente convertita in fibre caratterizzate da una elevata resistenza e da una bassa percentuale di restringimento.
In Giappone, fin dal tredicesimo secolo, le banane vengono utilizzate per realizzare un tessuto leggerissimo, lo “jusi” , tuttora impiegato per il confezionamento dei kimono. Lo jusi è un simil-cotone, la cui materia prima proviene essenzialmente dagli “steli” cui sono attaccati i caschi di banane che gli agricoltori lasciano in giardino dopo un raccolto e solitamente gettati via. I gambi e le foglie dell’albero sono rimossi e trasformati in una fibra flessibile. Alcuni studi condotti in India dal Centro Nazionale di Ricerca sulla Banana (National Research Centre for Banana), insieme all’Istituto Centrale di Tecnologia del Cotone di Mumbai, sono giunti alla conclusione che, essendo, oltre che economici, completamente biodegradabili ed eco-compatibili, i prodotti in fibra di banana sono destinati ad incontrare una grande domanda sui mercati internazionali.
Numerosi stilisti utilizzano la fibra di eucalipto ricavata dall’omonimo albero (Tencel Lyocell Eucalyptus), per creare abiti ecologici. Questa fibra, grazie alla sua straordinaria morbidezza, risulta ottima per la realizzazione di capi in maglieria. La fibra di eucalipto, ottenuta sminuzzando, riducendo in poltiglia il legno proveniente da boschi certificati Fsc (Forest Stewardship Council), assorbe bene l’umidità, ed è soprattutto traspirante e antibatterica.
L’ortica non si usa solo nelle zuppe, perchè già dalla Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi utilizzavano la fibra di ortica in alternativa al cotone per fabbricare le proprie uniformi, in quanto il mercato tessile era dominato dall’Inghilterra. Oggi, è entrata a tutti gli effetti nel mondo della moda grazie a diversi progetti europei fra cui l’italiana Grado Zero con la giacca 100% fibra d’ortica. I vantaggi di questa fibra sono notevoli: non ha bisogno di fertilizzanti e per la coltivazione richiede poca acqua, classificandosi così tra le fibre più sostenibili.
Tra le fibre di origine cellulosica ricavate dai vegetali c’è l’Orange Fiber, la prima fibra ricavata dal pastazzo d’agrumi, ossia quel residuo umido che resta al termine della produzione industriale del succo di agrumi. Dall’aspetto serico simile all’acetato, il tessuto è anche biodegradabile.
Novità recentissima, i tessuti realizzati utilizzando gli scarti del caffè permettono un rapido assorbimento del sudore, proteggono contro i raggi nocivi solari e cancellano gli odori, risultando ottimi per applicazioni nel settore dell’abbigliamento sportivo.
Arancia, banana, ortica, alghe, caffè, insomma, frutta e verdura (non solo) al servizio del fashion world. L’innovazione, così, è la scelta più responsabile, vincente e competitiva per proporre al mercato articoli ecosostenibili e di qualità per una moda che guarda al futuro. Se da un lato bisogna ammettere che molte delle novità sono ancora in fase prototipale e presentano limiti, dall’altro la ricerca ci mostra che è possibile immaginare un futuro diverso dal presente che stiamo vivendo. Le alternative ci sono sempre, basta cercarle e investirci. È in quest’ottica che si rende prioritario preservare ciò che abbiamo, il mondo in cui viviamo, la natura e l’ambiente.
Editor: Alessandra Rosci
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